Vivere e morire – tra le urla sgraziate del debole gregge.

Come successo a molti, le vicende dei giorni scorsi hanno dato spunto a moti di riflessioni interiori – che non hanno trovato eco nelle parole urlate di ne’  di una parte ne’  dell’altra.  La altezzosa presuzione con cui il fondamentalismo cattolico di questi mesi parla, urla, condanna e da’ giudizi ben poco ha con la saggezza, la carita’ di comprensione di cui dovrebbe essere portavoce.

E cosi’ aggiungo oggi questo bel pezzo di Enzo Bianchi: una serena voce nella moltitudine dello starnazzante gregge.

…Attorno all’agonia lunga diciassette anni di una donna, attorno al dramma di una famiglia nella sofferenza, si è consumato uno scontro incivile, una gazzarra indegna dello stile cristiano: giorno dopo giorno, nel silenzio abitato dalla mia fede in Dio e dalla mia fedeltà alla terra e all’umanità di cui sono parte, constatavo una violenza verbale, e a volte addirittura fisica, che strideva con la mia fede cristiana. Non potevo ascoltare quelle grida – “assassini”, “boia”, “lasciatela a noi”… – senza pensare a Gesù di Nazaret che quando gli hanno portato una donna gridando “adultera” ha fatto silenzio a lungo, per poterle dire a un certo punto: “Donna (non “adultera”), neppure io ti condanno: va’ e non peccare più”; non riuscivo ad ascoltare quelle urla minacciose senza pensare a Gesù che in croce non urla “ladro, assassino!” al brigante non pentito, ma in silenzio gli sta accanto, condividendone la condizione di colpevole e il supplizio. Che senso ha per un cristiano recitare rosari e insultare? O pregare ostentatamente in piazza con uno stile da manifestazione politica o sindacale?

Ma accanto a queste contraddizioni laceranti, come non soffrire per la strumentalizzazione politica dell’agonia di questa donna? Una politica che arriva in ritardo nello svolgere il ruolo che le è proprio – offrire un quadro legislativo adeguato e condiviso per tematiche così sensibili – e che brutalmente invade lo spazio più intimo e personale al solo fine del potere; una politica che si finge al servizio di un’etica superiore, l’etica cristiana, e che cerca, con il compiacimento anche di cattolici, di trasformare il cristianesimo in religione civile. L’abbiamo detto e scritto più volte: se mai la fede cristiana venisse declinata come religione civile, non solo perderebbe la sua capacità profetica, ma sarebbe ridotta a cappellania del potente di turno, diverrebbe sale senza più sapore secondo le parole di Gesù, incapace di stare nel mondo facendo memoria del suo Signore. …

Abbiamo invece conosciuto divisione in nome di quel male che affligge l’umanità e che trasforma la diversità in demonizzazione dell’altro, muta l’avversario in nemico, interrompe o nega il confronto e il dialogo, dando origine a posizioni ideologiche capaci di violenza prima verbale poi fisica e sociale. Da un lato il fondamentalismo religioso che cresce, dall’altro un nichilismo che rigetta ogni etica condivisa fanno sì che cessi l’ascolto reciproco e la società sia sempre più segnata dalla barbarie.

Come ignorare anche gli altri segni di barbarie cui stiamo assistendo in questa amara stagione? Leggi che chiedono ai medici di segnalare alle forze dell’ordine la presenza di clandestini che necessitano di cure mediche, vanificando così il diritto alla salute riconosciuto a qualunque essere umano; episodi ormai ricorrenti di giovani e ragazzi che danno fuoco a immigrati o a mendicanti; senzatetto di cui si prevede la schedatura mentre li si lascia morire di freddo; esercizio della violenza in branco verso donne o disabili…

La chiesa cattolica e tutte le chiese cristiane sono convinte di dover affermare pubblicamente e soprattutto di testimoniare con il vissuto che la vita non può essere tolta o spenta da nessuno e che, dal concepimento alla morte naturale essa ha un valore che nessun uomo può contraddire o negare; ma i cristiani in questo impegno non devono mai contraddire quello stile che Gesù ha richiesto ai suoi discepoli: uno stile che pur nella fermezza deve mostrare misericordia e compassione senza mai diventare disprezzo e condanna di chi pensa diversamente.

Enzo Bianchi