Libro: Cani, camosci, cuculi (e un corvo)

Ho terminato di leggere qualche giorno fa il libro di Mauro Corona “Cani, camosci, cuculi (e un corvo)”. Avevo gia’ visto l’autore/personaggio alle Invasioni Barbariche, mi aveva colpito per il modo alternativo, schivo con cui si presentava (genuino anche se abilmente ora ci marcia sul personaggio scontroso che e’).

Le prime pagine del libro mi hanno lasciato un po’ deluso: brevissimi racconti, quasi svolgimenti delle elementari. Troppo brevi per le letture serali prima di addormentarsi, poco coinvolgenti nell’esposizione. Stavo per abbandonarlo, un po’ deluso, ma poi nel giro di qualche decina di pagine il libro si e’ “sciolto”: si nota il raffinamento di stile e di contenuti, la scelta pesata dei termini e la ricchezza di vocabolario, il deciso partire dai fatti particolari (aneddoti, vicende di paese o personali) per dedurre regole generali.

Con piccole perle, del tipo: ” Perche’ la riconoscenza non deve essere come la neve, che si scioglie e corre via non appena arriva il sole.”.

Anche se il brano che mi ha visto in completa sintonia e’ questo:

Ognuno nasce con qualche preferenza genetica e, se avesse l’accortezza di seguirla, forse nel mondo ci sarebbe piu’ gente felice. Troppo spesso scegliamo un lavoro che ci procuri soldi, piuttosto che agevolare quel segreto desiderio per un qualcosa che magari non ci arricchisce, ma gratifica l’anima piu’ di qualsiasi altra attivita’.
Quanti avvocati, notai, architetti, banchieri, dentisti e via dicendo nel tempo libero allevano api, polli, piantano alberi o coltivano l’orto? Quello era il loro mestiere autentico. Per non rivelare la verita’ nemmeno a se stessi lo chiamano hobby e lo praticano a tempo perso. Quello era il vero lavoro, ma non lo fanno perche’ non rende i guadagni delle professioni che, magari storcendo il naso, hanno scelto.

Meno soldi e piu’ tempo libero, questa potrebbe essere la formula della tranquillita’ e della salute.

Scrive il poeta Fernando Pessoa: “Siediti al sole. Abdica e sii re di te stesso“….

Vivere e’ come scolpire: bisogna togliere, tirare via il di piu’. Avere orpelli e oggetti che al vivere quotidiano sono inutili provoca ansie.  La vita ne offre gia’ abbastanza, perche’ cercarne altre? Se porto il Rolex da quaranta milioni, lo devo difendere.  Ho paura che me lo rubino, che prenda botte, che prenda umidita’, ho paura di smarrirlo. Cosi’ mi creo una preoccupazione, un affanno in agguato. Questo vale per l’auto di lusso e altre mille cose. L’oggetto ha una precisa funzione e deve svolgere quella. L’orologio serve a misurare il tempo, l’automobile a spostare l’uomo velocemente da un punto all’altro. Percio’, quando abbiamo un buon orologio e una buona automobile, dovrebbe
bastare.

Spazzando via il superfluo potremmo investire in tempo libero. Ne abbiamo cosi’poco. Sedersi, abdicare, leggere, pensare, conversare all’osteria. In altre parole, godersela un tantino prima dello scacco finale.

Libro: L’attentatrice

Capita alle volte di trovare delle perle di libro. Capita alle volte, e sovente, che non siano tra quelli spinti e appoggiati da massicce operazioni di marketing delle case editrici. Capita, infine alle volte, che eventi di attualita’ si incrocino con storie simili, se non identiche.

E cosi’, in queste giornate di riposo natalizie, ho trovato in biblioteca e letto con avidita’ a casa questo bel libro di Yasmina Khadra (pseudonimo per uno scrittore maschile), L’Attentatrice. Un arabo da anni “naturalizzato” in Israele scopre tragicamente che la propria moglie e’ una kamikaze: e il racconto segue la scoperta, scandagliando gli animi di ebrei ed arabi, sollevandone motivazioni e comprensioni senza propendere per una fazione o l’altra. Di tragica attualita’, appunto – in questi giorni di bombardamenti a Gaza.

L’attentatrice e’ uno di quei (rari) testi che allo sviluppo del racconto originale unisce descrizioni profonde e coinvolgenti degli stati d’animo, facendole accompagnare anche da perle di poesia sparse qua e la’ nel testo.

Magistrale questo pezzo sullo stato d’animo che prende quando rimaniamo spiazzati da qualcosa di inaspettato:

Pensiamo di sapere. Allora abbassiamo la guardia e facciamo come se tutto andasse per il meglio. Con il tempo finiamo per non prestare piu’ attenzione alle cose come si dovrebbe. Siamo fiduciosi. Cosa possiamo
volere di piu’? La vita ci sorride, a anche la sorte. Amiamo e siamo amati. POssiamo realizzare i nostri sogni. TUtto va bene, tutto ci arride… Poi inaspettatamente, il cielo ci cade sulla testa. Una volta a terra ci accorgiamo che la vita, tutta la vita – con i suoi alti e bassi, le sue fatiche e le sue gioie, le sue promesse e i suoi fallimenti – e’ attaccata a un filo inconsistente e impercettibile, simile a quello di una ragnatela. D’un tratto il minimo rumore ci spaventa e non abbiamo piu’ voglia di credere a nulla. Vogliamo solo serrare gli occhi e non pensare piu’ a niente.

E briciole di poesia come questa:

“certi che il giorno che sorge, come quelli che l’hanno preceduto,
non sapra’ illuminare a sufficienza il cuore degli uomini.”.

Israele e Palestina: l’attentatrice

Per pura coincidenza (l’avevo preso prima delle azioni militari di Israele di questa fine d’anno), ho finito di leggere il libro di Khadra “L’attentatrice”. Bellissimo testo, intenso e profondo nelle descrizioni degli stati d’animo di entrambe le parti, pur rimanendo in equilibrio senza propendere per una o per l’altra. Magistrale la descrizione di quando il protagonista, arabo integrato nella societa’ israeliana, scopre che la propria moglie si e’ immolata come kamikaze.

Pensiamo di sapere. Allora abbassiamo la guardia e facciamo come se tutto andasse per il meglio. Con il tempo finiamo per non prestare piu’ attenzione alle cose come si dovrebbe. Siamo fiduciosi. Cosa possiamo
volere di piu’? La vita ci sorride, a anche la sorte.
Amiamo e siamo amati. Possiamo realizzare i nostri sogni. Tutto va bene, tutto ci arride…
Poi inaspettatamente, il cielo ci cade sulla testa. Una volta a terra ci accorgiamo che la vita, tutta la vita – con i suoi alti e bassi, le sue fatiche e le sue gioie, le sue promesse e i suoi fallimenti – e’ attaccata a un filo inconsistente e impercettibile, simile a quello di una ragnatela. D’un tratto il minimo rumore ci spaventa e non abbiamo piu’ voglia di credere a nulla. Vogliamo solo serrare gli occhi e non pensare piu’ a niente.

Accogliere nei limiti

Dal libro Nuove Apocalissi di Enzo Bianchi:

C’e’ una tentazione, diffusa anche in certi ambienti del volontariato cattolico impegnati in prima fila sul difficile fronte dell’accoglienza degli stranieri, di pensare alla perfetta uguaglianza dell’altro, al criterio dell’accoglienza sempre e in ogni caso di tutti quelli che bussano alle nostre frontiere.

Ora, siamo consapevoli di quello che la storia ci insegna, e cioe’ che quasi mai il pane va verso i poveri e quasi sempre i poveri vanno verso il pane, cosi’ come siamo sempre piu’ coscienti della radicale uguaglianza di tutti gli essere umani di fronte a Dio e dell’universalita’ dei loro diritti, ma questo non puo’ tradursi automaticamente e acriticamente in un’accoglienza passiva e illimitata degli immigrati.

Che senso ha accogliere qualcuno senza poter fornire loro casa, pane, vestito e soprattutto una soggettivita’ e una dignita’ della nostra societa’?

Occorre riconoscere che esistono dei limiti nell’accoglienza: non i limiti dettati dall’egoismo che si asserraglia nel proprio benessere, ma i limiti imposti da una reale capacita’ di “fare spazio” agli altri, limiti oggettivi, magari dilatabili con un serio impegno e una precisa volonta’, ma pur sempre limiti.

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PS: no, non sono un luddista 😉
PPS: questo testo lo ricevetti gia’ anni fa, ma non ne conosco l’orgine per attribuirla correttamente.

Libro: Un uomo

Una lettura intensa, tra le pieghe di un tragico amore, di due destini che si incrociano, di uno spirito libero a tratti eroico a tratti insopportabilmente bambino e narcisista, di una nazione a noi vicina che in tempi prossimi ha vissuto l’oppressione della dittatura.

FALLACI - Un uomo

Numerose sono le pagine con le pieghe per ricordare un pezzo che mi ha colpito. Man mano verranno riportate e riprese – anche (e soprattutto) per mia memoria.

Inizio con le osservazioni che vengono fatte a Panagulis dai suoi amici riprendendo tesi del filosofo Bertrand Russell: e che, con qualche modifica, ben si possono adattare sia ai fatti di terrorismo presenti e passati in Italia, sia ad una buona parte della nostra classe politica, che al fragore delle bombe preferisce il frastuono delle vuote dichiarazioni stampa.


I gesti spettacolari, gli eroismi privati, non incidono mai sulla realta’: sono manifestazioni di orgoglio individuale e superficiale,
romanticismi affini a se stessi proprio perche’ restano chiusi entro i confini dell’eccezionalita’.
Purtroppo i greci ne erano maestri, v’era anche un saggio di Bertrand Russell sull’argomento e ebbene: Russell sosteneva che i cittadini della
polis greca erano animati da un patriottismo primitivo, cioe’ imprudente e non saggio. La forza delle loro passioni conduceva si’ a successi
personali ma tali successi non giovavano all’intera polis,e, a conti fatti, erano simboli di incapacita’ politica.

Libro: la ragazza della arance

Letto su suggerimento di un amico. Libro dal particolare impianto narrativo: un ragazzo che casualmente scopre una lettera che suo padre gli scrisse molti anni prima di morire. Il racconto si intreccia quindi tra il presente attuale del ragazzo e il passato del racconto del padre. Gradevole l’inizio e la fine, anche se la parte centrale del libro risulta arenarsi qualche volta e perdersi di slancio in dettagli sul telescopio Hubble (l’astronomia era la passione del padre) che sembrano messi piu’ per occupare spazio che per vere esigenze narrative.

Bella storia d’amore, comunque: di un uomo per la sua donna, di un uomo per suo figlio.

GAARDER - La ragazza delle arance


Sempre più presso usavamo il pronome noi. E’ una parola strana. Domani farò questo o quello,si dice. Oppure si chiede cosa l’altro deve fare.. Quando usiamo il pronome noi, anche se sottointeso, accomuniamo due persone in una singola azione,quasi come se costituissero una unica entità complessa. In molte lingue si usa un pronome specifico quando si tratta di due, e solo due, persone. Questo pronome si chiama duale, cioè quello che è diviso in due. Secondo me e’ una designazione utile, perché a volte non si è ne’ uno ne’ due. Si e’ noi due. E si e’ noi due come se questo noi non potesse essere diviso. Quando usiamo il duale si introducono dunque regole completamente nuove.

Libro: Nido vuoto

Sono sempre una piacevole scoperta e lettura le storie dell’ispettore Pedra Delicado, tra i pochi personaggi femminili (oltre alla simpatica Mrs Marple) che caratterizzano il panorama dei gialli. Ancora una volta in questo romanzo compaiono i problemi della societa’ attuale, e l’ambientazione a Barcellona oltre a dare piacevoli note di colore locale non ne impedisce la generalizzazione anche ai nostri lidi.
Se si entra in sintonia con l’asprezza, quasi sfrontata alle volte, e l’umanita’ della protagonista non si vorrebbe che il racconto terminasse.
nido vuoto
Piu’ che nei precedenti racconti, la Bartlett indugia in questo racconto a considerazioni piu’ generali e a riflessioni “metafisiche” (troppo? forse si, ma ci sta!). Un assaggio, a cominciare dalla preferita:

Sbagliamo perche’ viviamo, perche’ cerchiamo di essere felici, perche’ giochiamo le carte che il destino mette in mano.
E’ questo che conta, molto piu che rimanersene tranquilli nel proprio guscio come molluschi.
(da farne il motto del mese!)

Una disgrazia collettiva non arreca danni irreparabili, mentre il male che ci e’ stato inflitto individualmente, quello che riconosciamo come ingiutsto, privato ,vergoognoso, quello puo’ cancellare il sorriso per tutta una vita.


Non avevo capito che non bisogna mai dare niente per scontato, nessun rapporto.
Una relazione bisogna coltivarla, curarla, innaffiarla, come una pianticella. Eppure, anche facendo tutto il possibile,
innaffiando, concimando, potando, a volte capita che la pianta appassica.
.

Libri: La montagna dell’anima


All’epoca non esisteva l’individuo, non si faceva distinzione tra “io” e “tu”. L'”io” e’ nato dal terrore della morte, solo allora un’entita’ diversa dall'”io” si e’ mutata in “tu”. L’uomo non aveva ancora paura di se stesso e la conoscenza che aveva di se’ veniva dall’altro, erano solo il possedere o l’essere posseduto, il sottomettere o l’essere sottomesso che confermavano la sua esistenza. Mentre “lui”, il terzo privo di legami con “te” e con “me”, si e’ venuto differenziando per gradi. Poi “io” ha scoperto che “lui” era dappertutto , l’esitenza di esseri diversi ha fatto retrocadere la coscicenza dell’io e del tu. Nella lotta per la sopravvivenza, l’uomo ha attenutao pian piano la coscienza di se’. Catapultato nel caotico mondo, l’uomo e’ un minuscolo granelo di sabbia.

GAO - La montagna dell'anima
Il brano e’ preso dal testo del premio Nobel Gao Xinghian “La montagna dell’anima”. Bel racconto, con un particolare intreccio narrativo: i capitoli con una descrizione espressa dall’IO e redatti in prima persona, si alternano ai capitoli in cui si narra la vicenda del TU, con espressioni “tu ti alzi, tu la saluti,..”. Stile inusuale, che colpisce durante la lettura – e che aumenta il fascino dell’intreccio delle due vicende similari (per temi e luoghi) che si sviluppano per le oltre cinquecento pagine del testo, con ampie descrizioni naturalistiche e di costume delle popolazioni dell’interno della Cina.

Libri: L’amore non guasta

Pirandello. E’ il confronto immediato che viene subito alla mente dopo aver letto solo qualche capitolo, pur essendo evidenti una differenza di stile, di personaggi, di luoghi che fanno da sottosfondo alle vicende dei personaggi. O alla stessa vicenda, ripresa e raccontata da una pluralita’ di punti di vista, che compongono il caleidoscopio del reale ciascuno partendo dalla propria esperienza.

Punti di vista che, nella originale architettura del libro, non solo provengono dalla realta’ dei singoli personaggi, dalle loro esistenze solitarie – ma anche dalla realta’ dei racconti che uno di questi compone, e che contribuiscono pariteticamente al reale del vissuto dei personaggi a comporre l’insieme dei punti di vista.

Mi e’ piaciuto, sia nello stile sia nei contenuti: un po’ malinconico nelle descrizione dei fallimenti esistenziali, ma genuino e argutamente profondo nell’illuminare alcuni aspetti del nosto vivere quotidiano.
COE - L'amore non guasta
Qualche brano qua e la’:
Sul Natale
L’atmosfera di divertimento coatto a essere così deprimente,e a far montare tutt’intorno a lui una corrente palpabile di panico e disperazione repressa.A natale la gente non sopporta di essere infelice.In qualunque altro periodo dell’anno passi,ma se sono infelici a natale sanno nel profondo del cuore di essere infelici in modo insanabile.

Sugli alibi che molte volte ci piace costruire e tenere in vita…:
come molte persone,mi piace trascinar questo senso dell’occasione perduta,perché da alla mia vita una porta di patina estetica ed è una buona scusa per sentirmi infelice quando le cose non vanno bene.Posso sempre dire a ne stesso,e fingere che il problema vero sia quello.

Sul principale ostacolo al miglioramento e cambio personale: i conoscenti
è il modo peggiore di usare la gente.Prima decidono cosa vogliono che tu sia,e poi ti pigiano e ti ripigiàno dentro quello stampino,fino a farvi veramente male.

Sul differente approccio all’ironia tra le donne e gli uomini:
sai,agli uomini l’ironia piace perché e tutt’uno con il sentimento del potere,del distacco,della superiorità,cioè con le cose insite in loro.Il riso femminile e il riso maschile sono completamente diversi.Io credo che il riso delle donne tu non lo capisca affatto:perché è tutt’uno con la liberazione,con il lasciarsi andare.Perfino il suono e diverso,non è quel ringhio che senti quando gli uomini si mettono a ridere tutti insieme.